La solitudine dei numeri primi. Siamo rimasti in tre…

Spesso i numeri sono impietosi. La statistica, nel rappresentare la realtà e documentarne oggettivamente i dati è spietata. Anche e, soprattutto, la Basilicata esprimendo piccoli numeri soccombe a questa legge. L’ultimo dato si riferisce al 31 dicembre 2020: sono 545.130 i residenti sul territorio lucano. Nei decenni scorsi si è già discusso della perdita lucana di autonomia territoriale nel settore privato e, in qualche caso, anche a livello pubblico. E’ accaduto per diverse aziende: Poste, Telefoni, Enel, Ferrovie. Progressivamente i centri decisionali di questi presidi lucani, sono stati accorpati ad altre regioni limitrofe. Sempre leggendo i dati numerici, lo spopolamento che ne è conseguito è figlio di questa logica. Dai nostri piccoli centri si fugge per la mancanza di prospettiva. I giovani delle ultime generazioni partono senza voltarsi indietro. Si stabiliscono nei luoghi dove hanno studiato e preferiscono vivere di stenti e accarezzare una qualche prospettiva di sistemazione e di lavoro, piuttosto che vivere in condizioni precarie di vivibilità. Quant’è malinconica la solitudine dei numeri primi. E’ triste scoprire, però, che nei borghi lucani chiudono, progressivamente, le attività e i servizi, spesso anche primari. Verrebbe da canticchiare: “Se prima eravamo in dieci a ballare l’hully gully… adesso siamo in due a ballare l’hully gully”! L’amarcord canoro ci spinge all’estremo ricordando che, ormai, “Han spento già la luce son rimasto solo io…”. I Dik Dik, si sono rivelati insospettabili profeti in “Senza luce”. Trasferendo sul grande schermo la rappresentazione dello spopolamento e gli eventuali spunti su come affrontare e risolvere il problema, c’è “Entroterra”, per la regia di Boschilla, un viaggio a piedi realizzato nel 2016, lungo la dorsale appenninica, con l’intento di studiare e raccontare i recenti processi di spopolamento montano. Un altro film, “Una diecimilalire” di Luciano Luminelli, è un documento sui quindici anni, dal 1960 al 1975, che hanno visto lo spopolamento delle aree calabro lucane, pugliesi e campane e una migrazione verso il nord Italia e nelle nazioni oltre confine. La pellicola, nel suo arco temporale, arriva ai giorni nostri. Per finire il film grottesco e ironico all’eccesso “Omicidio all’italiana” di Maccio Capatonda. Acitrullo, provincia di Campobasso, fine anni ’10 del 2000. Nel paesino quasi totalmente disabitato, con la popolazione ridotta a 16 persone, la cui età media è di 68 anni, il sindaco Piero Peluria (Maccio Capatonda e suo fratello Marino (Herbert Ballerina) cercano in tutti i modi di risollevare la vita sociale del borgo ed attrarre nuovi cittadini, ma i risultati sono sempre tragici. Non resta che chiudere con il testo di una famosa canzone di Franco Migliacci portata al successo dai Ricchi e Poveri “Che sarà”. “Gli amici miei son quasi tutti via e gli altri partiranno dopo me. Peccato! Perché stavo bene in loro compagnia, ma tutto passa e tutto se ne va!”. Il Jukebox  attiva un altro ricordo facendolo girare sul piatto: “Quattro amici” di Gino Paoli. “Eravamo quattro amici al bar che volevano cambiare il mondo”. Inconsapevolmente, forse, il mondo ha cambiato noi. La conclusione amara di questo excursus è affidata al brano di Domenico Modugno “Siamo rimasti in tre”: “Siamo rimasti in tre, tre somari e tre briganti… ahi, ahi, ahi! ”.