Leggerezza, un anelito di libertà

Il primo dilemma dell’anno nuovo nasce da un imperativo: tentare di descrivere la leggerezza per Terra. Già individuare la leggerezza e riuscire ad analizzarla è un’impresa molto ardua, trovarla, poi, per Terra, è un compito improbo. Ironia a parte, filmare la leggerezza con un obiettivo fotografico è un’operazione che richiede notevole perizia. E’ materia per fotografi navigati. Come quando un’immagine passa davanti agli occhi e scuote l’incanto di un pensiero sottile. La sua essenza impercettibile gira intorno alle cose animate, le sfiora, le penetra e ne esce indenne.   Ce lo ricorda uno spot degli anni 60 i cui protagonisti, Re Artù, Lancillotto e i cavalieri della tavola rotonda si affannano a trovare la “quadra”. La conclusione è scontata: “E, morale della favola, Gran Pavesi in tavola. Viva la leggerezza, viva Gran Pavesi”! Non si tratta di pubblicità occulta, semmai di uno spot da Carosello. Nella vita reale, invece, non sempre è così facile inseguire la leggerezza. Italo Calvino ci ricorda: “Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore”. Occorre conservare sempre quel brivido che ci spinge ad agire, a rischiare, a vivere, incuranti dei probabili insuccessi, dei fallimenti, delle sconfitte. E questa cura sarebbe bene averla in tutte le situazioni della vita, anche negli affetti, persino da adulti, quando la saggezza imporrebbe una condotta più misurata, adeguata alla maturità. Ecco, con una metafora calcistica, la leggerezza si traduce immediatamente nella capacità di dribblare le convenzioni, uscendo fuori dagli schemi. Leggerezza è ritornare bambini, anche solo per un secondo e vivere l’attimo. L’unità di misura di questo tempo incantato si traduce in un battito d’ali, un alito di vento, un soffio, il tempo di un bacio. Leggerezza è anche guardare la vita da un’altra prospettiva, ad occhi chiusi, quasi sognando. Milan Kundera, ne “L’insostenibile leggerezza dell’essere” sottolinea il difficile compito di sostenere l’esistenza umana, così fragile, svelando l’altra faccia della medaglia. L’autore francese di origine cecoslovacca ed etnia ceca racconta il dramma della vita di tutti i giorni: le passioni, le coincidenze, le illusioni, il disincanto, i fuochi fatui, la presenza delle persone importanti della vita e, soprattutto, l’assenza, la scomparsa dovuta ai decessi. Passando dalla letteratura alla musica, ci soffermiamo su “Questa insostenibile leggerezza dell’essere” di Antonello Venditti. Nella quale il cantautore romano fa il verso all’opera di Milan Kundera: “Che ti succede, amico estetico? Rincoglionirsi non conviene. Non leggi manco la Repubblica, non ti solleva Milan Kundera”. In tempi più recenti il duo Colapesce e Dimartino hanno portato sul palco di Sanremo la celebre: “Musica leggerissima” che contiene un invito: “Metti un po’ di musica leggera nel silenzio assordante, per non cadere dentro il buco nero, che sta ad un passo da noi, da noi”. Vale ancora la pena rispolverare un vecchio vinile, “La leggerezza” di Giorgio Gaber: “Questo pacco di coscienza com’è ingombrante, c’è proprio tutto dalla logica alla scienza, da Marcuse fino a Dante. C’è anche Fellini, com’è pesante… no, no, no”. E ancora: “Hop, hop, hop, com’è misteriosa la leggerezza. Hop, hop, hop, è una strana cosa, è una carezza che non vuoi, hop, hop, hop. Butta via il dolore, la pesantezza, hop, hop, hop. Cerca d’inventare la tua leggerezza e volerai”.