Elogio della tenerezza

Nell’era della corsa frenetica ad ottimizzare il tempo, ci sorprendono, a volte, lo slancio di una carezza, la profondità di uno sguardo dolce, la magia di un gesto gentile. Sono slanci e sentimenti amorevoli, anche brevi, ma  di tale intensità che, spesso, da soli riescono a dare ristoro ad un’esistenza avara di attenzioni. Lo aveva descritto, in tempi non sospetti, il grande Lucio Dalla in “Balla balla ballerino”: “Sotto un cielo di ferro e di gesso l’uomo riesce ad amare lo stesso. Ama davvero senza nessuna certezza. Che commozione che tenerezza”. Il quadro dipinto da Michelangelo Merisi, in arte il Caravaggio, è ancora oggi attuale: “Amor vincit omnia”. L’amore, dunque, sembra vincere su tutto: sull’avidità degli interessi, sui cuori impietriti, sull’aridità dei sentimenti. Non sempre è così, però, quando due occhi ti fissano languidi e trasmettono dolcezza, comprendi che puoi fare a meno anche del wifi entrando in empatia “a pelle”. E’ un’emozione profonda che scuote l’anima e fa vibrare tutto il tuo essere. A quel punto crollano le sovrastrutture e le convenzioni sociali. Non contanto gli anni, le differenze di razza, di ceto, di censo. A prevalere è soltanto il cuore, i suoi palpiti, le frasi quasi sussurrate e, soprattutto, quelle non dette. Questa rivoluzione sentimentale è quel che si dice la tenerezza. Anche Antonello Venditti, in “Ricordati di me” le ha cantate di santa ragione: “Ricordati di me, questa sera che non hai da fare, e tutta la città è allagata da questo temporale e non c’è sesso e non c’è amore, né tenerezza nel tuo cuore”. Il dizionario ci riporta al significato di tenerezza: sentimento o manifestazione di fiduciosa commossa gentilezza nei confronti dell’oggetto amato. Passando dalla canzone al cinema “La tenerezza”, è un film drammatico del 2017, per la regia di Gianni Amelio che narra la storia di due famiglie, in una Napoli inedita, lontana dalle periferie, una città borghese dove il benessere può mutarsi in tragedia, anche se la speranza è a portata di mano. Sentimenti che si incrociano tra il sorriso e la violenza. Un padre e i suoi figli non amati, un fratello e una sorella in conflitto, una giovane coppia che sembra serena. E i bambini che vedono e non possono ribellarsi. E, poi, come in tutte le favole, a partire dalla mitica tavola rotonda di Re Artù, si finisce in cucina, dove la tenerezza ha avuto, da sempre, un ruolo fondamentale. Appaga gli occhi, la mente, i sensi, l’olfatto, il palato, riuscendo persino nell’intento di mettere d’accordo amanti litigiosi e nemici giurati. Quanta tenerezza in una pietanza prelibata, in un filetto di carne, in una portata di tonno che, rispolverando la frase di un celebre spot televisivo, ci fa dire: “E’ così tenero che si taglia con un grissino”. Ecco, teneri, non solo perché masticabili o fragili. Insomma, in lungo e in largo, nel mondo, c’è bisogno di recuperare il sentimento e di abusarne dispensando tanta tenerezza.